Tullio Mobiglia. Un pioniere del Sassofono Jazz in Europa

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Claudio Bianzino ripercorre l’avventura musicale di Tullio Mobiglia da quando, nel 1925, a quindici anni intraprese lo studio del violino e, ascoltando l’orchestra di Barzizza che suonava tutti pezzi del repertorio di Paul Whiteman, scoprì la passione per il jazz.

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Descrizione

Claudio Bianzino ripercorre l’avventura musicale di Tullio Mobiglia da quando, nel 1925, a quindici anni intraprese lo studio del violino e, ascoltando l’orchestra di Barzizza che suonava tutti pezzi del repertorio di Paul Whiteman, scoprì la passione per il jazz.
Affascinato in particolare dai sassofoni comprò il suo primo contralto. Poi i viaggi a New York dove ebbe finalmente la possibilità di ascoltare i migliori jazzisti come il violinista Joe Venuti e il sassofonista Coleman Hawkinsi che ispirò il suo tratto stilistico.
La carriera di Mobiglia si svolse essenzialmente in Europa fra gli anni Trenta e Quaranta. Fu il suo periodo d’oro in cui, vero pioniere del sassofono e della musica afroamericana, con le sue memorabili orchestre segnò la strada del jazz europeo. Purtroppo all’epoca non esistevano i concerti jazz, tantomeno la critica jazzistica, quindi era difficile ottenere delle considerazioni serie.
L’autore, attraverso testimonianze, trascrizioni di brani e improvvisazioni, immagini rare e un’attenta analisi storica del contesto socio-culturale di quel periodo, restituisce a Tullio Mobiglia il giusto riconoscimento della sua statura musicale.

Informazioni aggiuntive

Dimensioni 15 × 21 × 1.2 cm
ISBN

9788899778101

Pagine

104

Anno

2017

Formato

15 X 21

Autore

Claudio Bianzino

4 recensioni per Tullio Mobiglia. Un pioniere del Sassofono Jazz in Europa

  1. Danilo Tacchino

    Piemonte Top News, Una regione con tante cose da raccontare
    Libri
    Il re del sassofono Tullio Mobiglia raccontato da Claudio Bianzino di Danilo Tacchino Claudio Bianzino ripercorre l’avventura musicale di Tullio Mobiglia (1911-1991) da quando, nel 1925, a quindici anni intraprese lo studio del violino e, ascoltando l’orchestra di Barzizza che suonava tutti pezzi del repertorio di Paul Whiteman, scoprì la passione per il jazz. Affascinato in particolare dai sassofoni comprò il suo primo contralto. Poi i viaggi a New York dove ebbe finalmente la possibilità di ascoltare i migliori jazzisti come il violinista Joe Venuti e il sassofonista Coleman Hawkinsi che ispirò il suo tratto stilistico.
    La carriera di Mobiglia, nativo di Carezzano, nell’Alessandrino, si svolse essenzialmente in Europa fra gli anni Trenta e Quaranta. Fu il suo periodo d’oro in cui, vero pioniere del sassofono e della musica afroamericana, con le sue memorabili orchestre segnò la strada del jazz europeo. Purtroppo all’epoca non esistevano i concerti jazz, tantomeno la critica jazzistica, quindi era difficile ottenere delle considerazioni serie.
    L’autore, attraverso testimonianze, trascrizioni di brani e improvvisazioni, immagini rare e un’attenta analisi storica del contesto socio-culturale di quel periodo, restituisce a Tullio Mobiglia il giusto riconoscimento della sua statura musicale. Bianzino è un musicista vercellese nato nel 1970. Lavora come sassofonista, compositore, arrangiatore e didatta di musica jazz. Ha al suo attivo un Primo Premio e due secondi posti in altrettanti Concorsi Internazionali di composizione e arrangiamento jazz. Ha suonato nella Civica Jazz Band diretta da Enrico Intra, nel Phoebus Ensemble di Alberto Mandarini ed in numerose altre formazioni. Bandleader in diverse formazioni, dai piccoli gruppi alla big band, con il proprio quartetto jazz ha pubblicato il cd Gigiabbo per l’etichetta Dodicilune nel 2013.
    Claudio Bianzino, Tullio Mobiglia. Un pioniere del Sassofono Jazz in Europa, Giancarlo Zedde
    Editore
    Danilo Tacchino, marzo 2018

  2. Guido Michelone

    Sassofoni piemontesi a confronto: Bianzino e Mobiglia
    STORIA DI UN GRAN BEL LIBRO, MA TUTTO PARTE DA UNA SCOPERTA CLAMOROSA, QUANDO CLAUDIO, TRA I RICORDI DI PAPA’, TROVA UN VECCHIO SAX TENORE..
    Ci vuole un giovane jazzista vercellese per rivalutare oggi la figura di un eccelso pioniere dello swing tricolore: Claudio Bianzino con il libro Tullio Mobiglia (Zedde Editore, Torino 2018), da poco uscito in tutte le librerie italiane, rende dunque omaggio, attraverso una biografia tanto breve e accattivante quanto profonda e informatissima ad un personaggio-chiave del ritmo sincopato, così come viene denominato il vero jazz sotto la dittatura fascista.
    E lo fa partendo da una scoperta clamorosa: in casa, tra i ricordi del papà – Giuseppe Bianzino, esimio clarinettista dixieland negli anni Cinquanta con la Blue River’s Jazz Band e primo vercellese in assoluto a comparire da titolare in un album jazz con musicisti pavesi – Claudio trova un vecchio sax tenore, su cui campeggia una scritta: Tullio Mobiglia. Lo strumento viene quindi mostrato, circa dieci anni, al decano del sassofonismo moderno, l’astigiano Gianni Basso (1926-2010) il quale conferma di essere alla presenza del mitico oggetto appartenuto al protagonista medesimo (e probabilmente acquistato da papà Bianzino direttamente dalle mani di Tullio Mobiglia). Claudio redige questo libro, elaborando la propria tesi della laurea magistrale in Jazz presso il Conservatorio Vivaldi di Alessandria e aggiungendo foto, interviste, trascrizioni, partiture ne consegue una monografia esauriente su un grande dimenticato, che, magari, dopo queste pagine, potrà essere ripreso nella giusta prospettiva storico-critica. Bianzino quindi racconta l’iter artistico-professionale di Tullio Mobiglia da quando nasce il 12 aprile 1911 a Carezzano (in provincia di Alessandra) fino alla scomparsa avvenuta il 24 luglio 1991 a Helsinki (in Finlandia).
    Per il giovane Tullio la folgorazione per il jazz avviene nel 1925, a soli quindici anni, allorché in parallelo inizia a studiare il violino e ad ascoltando l’orchestra di Pippo Barzizza, quale a sua volta suona gran parte del repertorio della Paul Whiteman Orchestra, il cosiddetto re del jazz, benché la celebre big band suoni in primis musica leggera per ballare e divertirsi. Forse è proprio vedendo (oltre ascoltare) un’orchestrona simil Whiteman che Tullio, affascinato e sedotto dai sassofoni, si decide a comprare il suo primo sax, che è un contralto. Poi per Mobiglia ci sono i viaggi da Genova a New York come suonatore sulle navi da crociera: e sbarcando a Manhattan ha la possibilità di ascoltare dal vivo e conoscere personalmente i migliori jazzisti sulla piazza dal violinista italoamericano Joe Venuti al grande tenorista Coleman Hawkinsi, mi grado di ispirargli stile, fraseggio, colore, timbro. La carriera di Tullio si svolse e si evolve si sostanza Europa fra gli anni Trenta e Quaranta, in quello che a posteriori i critici definiscono il suo periodo aureo ponendolo quale autentico pioniere non solo del sassofono ma soprattutto della musica afroamericana sul Vecchio Continente: da solista (anche al violino), come arrangiatore e soprattutto, alla testa di orchestre straordinarie, Mobiglia indica segnò al jazz europeo una nuova strada al di quanto, inventano in Francia Django Reinhardt, Stéphane Grappelli, Gus Viseur o un Gorni Kramee nella stessa Italia. Purtroppo all’epoca, lungo lo Stivale, a differenza dei terrirori Oltralpe, non esistono veri e propri concerti jazz e nemmeno una critica specialistica, quindi è difficile per lui ottenere delle serie attenzioni. In mancanza di scritti di critici, studiosi, musicologi, Bianzino raccoglie testimonianze orali, trascrive brani e improvvisazioni, trova rare fotografie e soprattutto compie una valida disamina sulla realtà socio-culturale negli anni del fascismo e del dopoguerra, ridando finalmente a Tullio Mobiglia, dopo anni di dimenticatoio, un giusto riconoscime alla statura musicale. E proprio per capire tale statura, torna utile rammentare che Tullio si diploma in violino al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, mentre l’accostamento al jazz avviene nel 1934, quando inizia, come già detto, comincia a lavorare sui transatlantici. Per lui il primo ingaggio fondamentale è come saxman nella celebre Orchestra Mirador con la quale, nel 1940, suona a Berlino, ottenendo un exploit così lusinghiero da passare con la Heinz Wehner Orchestra finché, nel 1941, Mobiglia crea la propria jazz band con tutti musicisti italiani, riuscendo a incidere diversi 78 giri, ripubblicati su cd solo nel 2003. In Germania, inoltre, durante la guerra, il carezzanese ha un successone con il brano Lieber Sonneschein che non è altro che la versione in lingua tedesca di Pippo non lo sa di Mario Panzeri e Gorni Kramer. Il pezzo (come moltissimi altri) funziona anche grazie alla presenza di validi comprimari, da Alfredo Marzaroli a Francesco Paolo Ricci, fino ad Alfio Grasso (caposcuola della chitarra jazz europea, e più insegnante di Caterina Valente, star internazionale); a Berlino la big band di Tullio è di casa soprattutto in due locali, oggi definibili jazz club più che cabaret, il Rosita ed il Patria, senza però tralasciare il Femina Bar, dove ha addirittura la chance di swingare accanto Django Reinhardt, osannato dal pubblico locale come tutto il jazz di allora: forse per questo i nazisti chiudono un occhio o meglio lasciano suonare la musica “degenerata” purché non là si chiami “jazz”.
    Infatti in quegli anni gli scagnozzi di Hitler e Mussolini impongono un repertorio autarchico ribadendo il divieto di suonare canzoni americane, e dunque facendo in modo che il programma di concerti pubblici e sedute radiofonico-discografiche sia costituito tutto da brani jazz di musicisti europei, come pure da riarrangiamenti di melodie della tradizione leggera da Oi Marì a La canzone del boscaiolo dalla messicana Cielito lindo alle canzonette scritte dallo stesso Mobiglia. Vista la situazione peggiorare, nell’agosto del 1943 Mobiglia ritorna in Italia al suo paesello, passando per così dire dalla padella alla brace;e, dopo un anno di inattività, all’inizio del 1945 rimette in piedi una nuova orchestra con giovani musicisti, ottenendo un persino contratto con la Columbia (con la quale incide alcuni 78 giri) e poi via via con la Telefunken, con la Cetra, con la Durium, riprendendo altresì lo studio del violino. Nel frattempo Tullio lascia,definitivamente l’Italia, deluso dalla freddezza e dalla maldicenza di tanto giornalismo impreparato e prevenuto, per stabilirsi in Finlandia, dove rimarrà fino alla morte a ottant’anni per un male incurabile. In Scandinavia invece ottiene gradevolissimi riconoscimento, essendo addirittura chiamato, nel 1967, dal Conservatorio Jan Sibelius di Helsinki a rivestire la Cattedra di Violino, incarico che mantiene fino all’età pensionabile, pur continuando a esibirsi con musicisti locali in ambito jazz, classico e leggero. Al momento, in Italia, i soli a ricordarsi di lui sono da un lato gli amministratori del municipio di Carezzano, paese natale, che gli dedicano una via, e dall’altro ovviamente il vercellese Claudio Bianzino con questo bel libro. Per finire, sembra giusto occuparsi dell’autore del testo, classe 1970, da almeno vent’anni al lavoro quale sassofonista, jazzista, compositore, arrangiatore, nonché didatta di strumento jazz. Vincitore, nel corso degli anni, di un Primo Premio e due secondi posti in altrettanti Concorsi Internazionali per composizione e arrangiamento jazz, Bianzino compare nella Civica Jazz Band diretta da Enrico Intra e nel Phoebus Ensemble di Alberto Mandarini oltre numerose altre formazioni; bandleader in diverse formazioni, dai piccoli gruppi alle proprie orchestre, con il proprio jazz quartet pubblica nel 2013 il cd Gigiabbo per l’etichetta Dodicilune con booklet firmato dal jazzologo casalese Gian Nissola.
    Guido Michelone, «Info Vercelli 24», 26 marzo 2018

  3. G.Bar

    VERCELLI – È uscito il nuovo libro di Claudio Bianzino Un pioniere del sassofono jazz in Europa
    Nel libro il musicista vercellese ripercorre la vita di Tullio Mobiglia.
    Il musicista vercellese Claudio Bianzino ha lasciato da parte spartiti e sassofono ma solo provvisoriamente, intendiamoci bene: giusto il tempo per scrivere un libro – ed è diventato così autore di un interessante volume che non mancherà certo di incuriosire musicofili e musicisti, addetti ai lavori e non… Il tema? Quello di Un pioniere del sassofono jazz in Europa come recita il sottotitolo ed è la storia di Tullio Mobiglia… Ma… siamo sicuri che si sappia poi molto di questo sassofonista nato all’inizio degli Anni 10 del Ventesimo secolo a Carezzano, un paesino che conta poco più di 400 abitanti, in provincia di Alessandria, sulle colline alla destra dello Scrivia? A rivelare qualche cosa di più sul suo nuovo lavoro fresco di stampa, edito da Giancarlo Zedde, Torino, è lo stesso che rivela attraverso un post di facebook, qualche anticipazione. Dice: “Una domanda fondamentale della vita: “Chi era Tullio Mobiglia?” Come statisticamente dimostrato, nel 99,999% dei casi la risposta è: “Boh”, “Tullio chi?”, “Ecchenesò”, “No no, niente mobili grazie!” o cose del genere. A dire il vero trattasi di un musicista del passato. Piemontese. Molto famoso un tempo, non solo in Italia. Molto sconosciuto oggi. Questo testo, probabilmente l’unico che tratti esclusivamente di questo musicista, potrà aiutarvi a rispondere alla fondamentale domanda di cui sopra.E pensare che tutto è nato da uno strumento…”. Lo abbiamo detto: il sax!
    Sono poi le note di copertina a dare un acconto anticipo sul contenuto del libro… Claudio Bianzino ripercorre l’avventura musicale di Tullio Mobiglia da quando, nel 1925, intraprese lo studio del violino e, ascoltando l’orchestra di Barzizza che suonava tutti pezzi del repertorio di Paul Whiteman, scoprì la passione per il jazz (…) La carriera di Mobiglia si svolse essenzialmente in Europa fra gli anni 30 e 40. Fu il suo periodo d’oro in cui, vero pioniere del sassofono e della musica afroamericana, con le sue memorabili orchestre, segnò la strada del jazz europeo. L’autore, attraverso testimonianze, trascrizioni di brani e improvvisazioni, e un’attenta analisi storica del contesto socio-culturale di quel periodo, restituisce a Tullio Mobiglia il giusto riconoscimento della sua statura musicale.
    Il libro si conclude con una serie di testimonianze. Tra queste (da Franco Cerri a Gianni Coscia, da Carlo Milano a Gianni Basso) anche quella di Gianni Dosio, il
    polistrumentista vercellese direttore della Filarmonica Jazz Vercelli, scomparso nel
    2016. Claudio Bianzino, negli anni 90 ha iniziato a suonare con il Phoebus Ensemble di Alberto Mandarini. Nel 2005 ha fondato il quartetto di sassofoni B4 Sax col
    quale si è esibito in varie rassegne musicali tra cui Aurore musicali in… Crocetta a Torino e Jazz Sotto le Stelle organizzata dalla Provincia di Asti, Dal 2008 é direttore della big band 78 Giri Hot Ensemble. Nel 2010 ha formato il Claudio Bianzino Quartet con Davide Calvi, Stefano Profeta e Nicola Stranieri con il quale ha pubblicato un cd dal curioso titolo Gigiabbo.
    G.Bar.

  4. Bruno Casalino

    LA SESIA
    Tempo libero

    LIBRO JAZZ Di Claudio Bianzino

    Tullio Mobiglia un pioniere del sax in Europa
    Un vecchio sassofono con inciso un nome sulla campana: Tullio Mobiglia. Parte dall’idea di Claudio Bianzino, vercellese, sassofonista, compositore, arrangiatore e didatta di musica jazz, di ripercorrere l’avventura musicale del sassofonista e violinista alessandrino in un libro pubblicato da Giancarlo Zedde, editore in Torino.
    Un lavoro certosino e accurato quello di Bianzino, alla ricerca di documenti e testimonianze non facili da rin-
    tracciare che l’hanno portato a incontrare musicisti del tempo, quei pochi rimasti, parenti e amici dello scomparso sassofonista, fino a stabilire un ra porto diretto con i parenti landesi del musicista alessandrino. Perché Mobiglia, nato nel 1911 a Carezzano, piccolo comune a due passi da Castellania, paese noto per aver dato i natali a Fausto Coppi, dopo essersi diplomato in violino al Conservatorio Paganini di Genova, dove si era trasferito giovanissimo, ed essere presto passato al sassofono, ha svolto gran arte della suaattività tra gli anni Trenta e Quaranta ‘estero e poi, dopo un breve ritorno in Italia, alla fine del secondo conflitto mondiale, è ripartito per l’Europa, fino a raggiungere la lontana Finlandia dove si è risposato e dove è rimasto fino alla morte, avvenuta nel 1991 a Helsinki.
    Un libro di nicchia, dunque, si potrebbe pensare di primo acchito. Perché racconta la storia di un musici-
    sta vissuto tanti anni fa e di cui si è sempre parlato poco e poi perché era un jazzista, musica colta è vero, ma pur sempre poco apprezzata da un pubblico di massa. Invece no. Il libro di Bianzino è per tutti.
    Anzi, dovrebbe leggerlo proprio chi ne sa poco di quella folta schiera di musicisti che tra le due guerre, e oi nell’immediato secondo opoguerra, furono i paladini di un nuovo genere musicale in arrivo dall’America e, soprattutto, portatori di quello swing che tanto furoreggiava nelle sale da ballo del tempo. Musicisti di questo genere ne abbiamo avuti tanti anche a Vercelli e tutti, pur suonando nelle orchestre da ballo, amavano il jazz. Così quando si esibivano con le migliori orchestre a Milano, Torino o Genova, nel giorno di libertà raggiungevano piccoli club, seminterrati quando non addirittura scantinati, e si lanciavano in interminabili jam session.
    A questo strano, ma poi mica tanto, connubio tra la musica da ballo e il jazz, Bianzino dedica addirittura un capitolo, prendendo spunto alle dichiarazioni di Adriano Mazzoletti, un’autentica autorità nel settore, autore di una bellissima e completa storia del jazz in Italia, che nel 1981, anche lui sulle tracce disperse di Mobiglia, è riuscito a intervistare il celebre sassofonista in un albergo di Helsinki.
    Del resto negli Stati Uniti, patria del jazz, i grandi dell’epoca non avevano iniziato proponendo la musica afroamericana come genere d’intrattenimento? Ecco, allora, che il libro di Bianzino si trasforma in un autentico affresco del tempo.
    Quando si suonava il jazz per passione ma si andava con le orchestre nelle sale da ballo per guadagnare la pagnotta. Oppure ci si imbarcava sulle grandi navi, sempre per lo stesso motivo.
    Una stagioone straordinaria che Bianzino tratteggia sottolineando le emozioni di quella vita in giro per il mondo, con le randi orchestre del tempo di cui spesso si favoleggia e i cui nomi compaionosoltanto sulle pubblicazioni specialistiche.
    Ma questa è un’altra storia.
    Torniamo, allora, al “nostro”. Con il consiglio di leggere questo agile volumetto che nella seconda parte riporta le trascrizioni di alcuni brani che compongono la produzione di Mobiglia, commentati dall’autore, oltre a testimonianze di valenti musicisti che hanno conosciuto Mobiglia oppure hanno incrociato il suo nome quando iniziarono la professione. Come il compianto maestro vercellese Gianni Dosio, anche lui grande sax. Infine, c’è un’accurata e preziosa discografia di Mobiglia con titoli, composizioni e musicisti che con lui hanno inciso i dischi. Tra questi, una raccolta di brani del 1956 che va sotto il titolo di Tullio Mobiglia e la sua Orchestra Jazz . ln quella formazione, con pezzi da novanta come Fausto Papetti e Pino Calvi, c’è anche il vercellese Giulio Libano, allora giovane tromba, destinato a una luminosa carriera, scomparso poco più di un anno fa. Tullio Mobiglia, un pioniere del sassofono jazz in Europa di Claudio Bianzino, appena fresco di stampa, in uscita in questi giorni in tutte le librerie.
    Bruno Casalino

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