L’affondamento del Kursk

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Ho scritto questo poemetto presa da profonda commozione e lo considero il mio omaggio ai 55 ufficiali e ai 63 marinai del Kursk; che fossero russi è stato assolutamente ininfluente. Mentre ascoltavo le notizie sull’affondamento del sottomarino avevo davanti a me il bellissimo mare di Sardegna, sinonimo di vacanza e gioia di vivere a contatto con l’acqua. Più stridente ancora, dunque, il contrasto con quell’avventura subacquea così tragica.

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Descrizione

Terza edizione
Testo storico e illustrazioni di Massimo Alfano
Traduzione poetica in russo e editing di Vladimir Sobutskyy.

Ho scritto questo poemetto presa da profonda commozione e lo considero il mio omaggio ai 55 ufficiali e ai 63 marinai del Kursk; che fossero russi è stato assolutamente ininfluente. Mentre ascoltavo le notizie sull’affondamento del sottomarino avevo davanti a me il bellissimo mare di Sardegna, sinonimo di vacanza e gioia di vivere a contatto con l’acqua. Più stridente ancora, dunque, il contrasto con quell’avventura subacquea così tragica. La mia immaginazione, a poco a poco, ne è stata coinvolta: visioni oniriche e incubi notturni mi hanno indotta ad un progetto di poesia. Così ha preso forma questa composizione che va ad aggiungersi alla lunga serie di ‘poemi del mare’ già esistenti.
L’immaginazione è «tramite umano alla verità», scrive Ettore Campa nel suo libro intitolato Per l’altro mare aperto (p. 31). L’affermazione è opinabile, ma alla luce di quanto si è scoperto dopo il recupero del Kursk, posso dire di essermi molto accostata alla realtà dei fatti.
È che la morte in acqua mi ha sempre terrorizzata, perché è orribile e perché mi è stata predetta.
La morte in acqua salata è simbolo del battesimo dell’uomo. Il mare ha capacità metamorfiche, è elemento avvolgente che abbraccia la terra e la unisce al cielo quasi in un gesto di riconciliazione. Narrare di un evento accaduto in fondo al mare vuole dire collocarlo fuori dal tempo: privi di cielo e stelle / perso ogni orientamento… Cielo e stelle sono per eccellenza elementi di riferimento della nostra avventura terrena. Il fondo del mare è perciò luogo estremo dell’operare dell’uomo: là ogni regola di terra viene sospesa, annullata, inghiottita. Colui che opera nelle profondità marine è dotato di temerarietà, coraggio, capacità di attribuirsi psicologicamente una natura ‘altra’. Se il prezzo pagato è la vita è giusto conferirgli lo spessore del mito. Il Kursk medesimo, affondato in periodo di pace, è divenuto un mito della nostra epoca. È bello pensare, anzi immaginare, che i suoi eroi, abbandonando il corpo, abito di scena, siano stati amorevolmente avvolti dall’aria e che il loro desiderio di andare per mare se lo siano portato in quel peregrinare eterno nell’oltre o al di là, così si spera, accompagnati dall’eco della poesia.

Annotazioni sul Kursk
di Massimo Alfano

La vicenda del sottomarino russo Kursk si presenta come uno dei più toccanti drammi del mare. Il manto di oscurità che ancora oggi copre le cause della sua perdita e le numerose ipotesi che sono state formulate per spiegarne la dinamica dell’avvenimento, nessuna delle quali pienamente provata, non fanno che aggiungere mistero ad una storia drammatica nel suo svolgersi e tragica nel suo epilogo.

Il sommergibile

Il K141 Kursk apparteneva ad una classe di dodici unità (denominata Oscar II secondo il codice Nato e progetto 949A secondo quello russo) costruite nei cantieri di Severodvinsk ed entrate in servizio tra il 1986 e il 2000. Si tratta di sottomarini d’attacco concepiti per operare singolarmente contro gruppi navali costituiti da una portaerei con relativa scorta.
Tra i più grandi sommergibili costruiti, gli Oscar II erano al momento della perdita del Kursk la punta di lancia della flotta sottomarina russa sia per le eccellenti caratteristiche degli scafi sia per la finalmente raggiunta affidabilità dei propulsori. L’armamento particolarmente potente li rendeva, e in buona misura li rende ancora adeguati ad assolvere il compito che era stato loro affidato. Siluri di concezione completamente nuova (che si annunciavano come un grosso successo commerciale) erano stati distribuiti ad alcune unità della classe.

Gli eventi

Giovedì 10 agosto 2000
Alle 10 del mattino il sottomarino K141 Kursk appartenente alla settima divisione della prima flottiglia di sottomarini della flotta del nord lascia la base di Vidiayevo per partecipare ad una grossa esercitazione nel Mare di Barents.
Ai 111 uomini di equipaggio si sono aggiunti due ingegneri e cinque ufficiali di stato maggiore. Ricevuta l’autorizzazione ad immergersi e ad iniziare i lanci di siluri e missili previsti dal programma, il Kursk entra in un silenzio radio che il protocollo dell’operazione prevedeva venisse mantenuto fino alle ore 18 del 12 agosto.
Nel tardo pomeriggio il sottomarino effettua due lanci di siluri da esercitazione.

Venerdì 11 agosto
Il Kursk, come da programma di esercitazione, effettua il lancio di un missile a cambiamento di ambiente SS-N-16A ed un secondo lancio è previsto per il giorno successivo alle ore 18 in chiusura di operazioni. La navigazione prosegue in immersione.

Sabato 12 agosto
Alle ore 11.29 il centro sismologico norvegese Norsar registra una esplosione di magnitudo 1,5 della scala Richter. Due minuti dopo, alle 11.31 ne viene registrata una seconda di intensità molto superiore, corrispondente a magnitudo 3,5 registrata anche dai sottomarini americani USS Toledo e USS Memphis e dal britannico HMS Splendid. Alle 11.44 una terza esplosione viene registrata anche dall’incrociatore russo Petr Velikiy.
Alle ore 18, momento del lancio del secondo missile e della prevista ripresa di contatto radio del Kursk con le altre unità della flotta, non essendoci notizie del sottomarino il comando della flotta ordina di iniziare le ricerche.
Il K141 Kursk è perduto.

Una anomalia magnetica del fondo marino scoperta alle 04.36 del giorno successivo verrà identificata come il Kursk. Il sottomarino era affondato a 69°40’N e 37°35’E ad una profondità compresa tra i 124 e 108 metri.

Il Kursk ricevette un grosso danno alla parte prodiera: questo evento generò un’esplosione interna tale da frammentare l’intera area antero-superiore dello scafo determinando lo sfondamento di alcune paratie e l’affondamento del sommergibile. La quasi totalità dell’equipaggio perì al momento della detonazione ma l’onda di urto non raggiunse i compartimenti 6, 7 e 8. La parte dell’equipaggio che vi si trovava iniziò ad evacuare i compartimenti alle 12.58 radunandosi a poppa estrema, nel compartimento numero 9. In totale 23 uomini. Le annotazioni di uno di loro proseguiranno dalle 13.34 alle 15.15. Poi più nulla.

Struttura a doppio scafo resistente suddiviso in 9 compartimenti stagni.
Dislocamento in superficie 13900 t
Dislocamento in immersione 18300 t
Lunghezza 154 m
Larghezza 18,20 m

Motori: due reattori nucleari OK-650 B, quattro turbine a vapore, due eliche
Potenza 98000 hp
Velocità in superficie 19 nodi
Velocità in immersione 30 nodi
Quota massima di immersione 500 m

Armamento
24 missili anti-nave a cambiamento di ambiente SS-N-19 Granit
4 tubi lancia siluri da 533 mm per missili/siluri VA111 Shkval
e missili SS-N-152 tubi lancia siluri da 650 mm per siluri a lunga
durata DST90 e missili SS-N-16
Riserve 18 siluri o missili

Informazioni aggiuntive

Peso 0.4 kg
Dimensioni 17 × 24 × 0.3 cm
Autrice

Anna Maria Bracale Ceruti

ISBN

9788888849621

Pagine

48

Formato

17 x 24

1 recensione per L’affondamento del Kursk

  1. Lidia De Federicis

    Raccontare in poesia si può, se la si ritiene anch’essa un atto di comunicazione. Mi riferisco a forme attuali e impreviste, che senza modelli entrano nel nostro presente e sfruttano i caratteri specifici del discorso poetico per riverberarne gli effetti speciali anche sull’immaginazione narrativa. Un esempio perfetto è nel poemetto L’affondamento del Kursk. La struttura è complessa, alto il tasso di figuralità, alta la tensione che si genera nell’ampiezza della stratificazione, dallo strato fonologico allo strato ritmico e nel rapporto semantico con il contenuto. L’evento di grande cronaca, la tragedia collettiva si fa poesia. Anna Maria Bracale Ceruti ne ha elaborato un trattamento corale, in modo da istituire una corrispondenza esplicita fra l’evento e la sua forma.
    Da In poesia di Lidia De Federicis. «L’INDICE dei libri del mese», XXV, n. 4, aprile 2008.

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