Dal cuore della Terra

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6.00 

Onda
di un secolo svanito
hai lambito sponde
di pianeti ignoti
cercando vite
nella risacca
formule nuove
a interrogare il cuore
dell’unica Madre
Terra stupenda
straziata Terra.

1 disponibili

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Descrizione

La Cantata sacroprofana in Anno Domini 2000 di Anna Maria Bracale è innanzitutto un credo profondo nella vita e nelle sue infinite risorse; è un poema epocale di straordinaria bellezza che abbraccia il Pensiero universale: la Vita l’Anima la Creatura umana Dio l’Io l’Arte e può molto di più dei tomi della filosofia, riallacciandosi alla concezione parmenidea che la poesia è cuore di tutte le arti. Il discorso poetico si articola nell’intrecciarsi di idee e di immagini toccando queste parole-chiave, tappe del cammino verso la Trascendenza. L’interrogativo è nel centro della creatura umana: dubbio, ricerca, aneliti. Il poeta, in mancanza di risposte, scava, approfondisce, tenta di avvicinarsi alla Verità, lavorando sulla Parola e sulla sua bellezza.

Il poemetto L’affondamento del Kursk di Anna Maria Bracale è straordinario e travalica il senso dell’occasione. Partecipa al dramma universale, dato che dietro ogni bellezza c’è solo crudeltà ed orrore. È un De profundis che accetta il commento umanissimo dell’Autrice e assai meno le disquisizioni di firma in loco, per non dare priorità al significato letterario pur esistente.

Il poemetto polifonico Come Zarathustra di Anna Maria Bracale è un piccolo capolavoro di luce, di pensiero, ha la precisione e la grazia di una freccia che colpisce nel centro. Mi sembra un inno generazionale, una preghiera nuova e antica, è tecnicamente nuovo nel rifarsi all’antico, è voce del terzo millennio. L’introduzione completa il lavoro con consapevolezza critica, quella che viene dopo un testo profondamente ispirato e visionario.
Maria Grazia Lenisa

Informazioni aggiuntive

Peso 0.3 kg
Dimensioni 15 × 21 × 0.3 cm
Autrice

Anna Maria Bracale Ceruti

ISBN

9788888849009

Pagine

40

Formato

21 x 29

Anno

2003

1 recensione per Dal cuore della Terra

  1. Allegrini Sandro

    MODERNITÀ E LIRISMO NELLA POESIA DI ANNA MARIA BRACALE

    La poesia di Anna Maria Bracale – che pure non ignora la lezione dei grandi classici – presenta connotati di straordinaria modernità, tanto da piegarsi ad esprimere contenuti legati alla contemporaneità, senza però incagliarsi nelle secche della semplice poesia "d’occasione". È in questa prospettiva che credo vadano lette alcune sue recenti composizioni, come Cantata sacroprofana in anno domini 2000, nata come performance poetico-musicale e presentata al Convegno torinese Poesia è libertà. L’impostazione interdisciplinare, connaturata alla formazione artistica e culturale dell’Autrice – la quale, congiuntamente, possiede qualificate attitudini poetiche e spiccate competenze musicali – fa sì che la poetessa possa raggiungere esiti di raffinato lirismo. Così ci avviene di rintracciare nei suoi scritti, piuttosto che una semplice novità, un inusuale ritorno al classico, una riduzione del molteplice ad unità, che esalta il "messaggio" grazie alle potenzialità sinergiche della parola e della musica. Penso, come parametro di riferimento, all’antica lirica greca, ove il poetare non era mai disgiunto da una partitura metrico-prosodica, che della musica si sostanziava, fino ad essere semplicemente definibile come "canto". I contenuti proposti dalla Bracale non si limitano al compiacimento autoreferenziale, ma varcano agilmente la soglia della soggettività e si librano verso più ariosi orizzonti, facendo appello ai valori eterni ed universali della Fede, della Vita, dell’Arte e dello Spirito. L’aridità della terra (arsura di risaia, desertificazione), pare richiamarsi alla nostra coscienza, assimilabile ad un deserto dal quale dobbiamo sforzarci di uscire, in nome dell’ incomprimibile forza della Vita, esaltata da un ispirato canto di speranza (ma qui cadrà altra pioggia / già sento nell’aria odore d’erba bagnata). E l’incontro con Dio potrà avvenire avvertendone la presenza immanente in tutte le sue creature (…così nel cercare / i segreti del mondo si può incontrare / DIO), nel Cosmo che è, in quanto "ordine" estetico ed etico, anche bellezza e moralità. Così in DIO scopriremo l’IO in Esso contenuto, che ne costituisce la traduzione fenomenica, in nome di quella "circolarità" per cui tutto la Lui viene e tutto a Lui ritorna. L’Arte si fa, in tal modo, strumento di elevazione morale e pedagogia spirituale, aiutandoci a discernere la strada del Giusto, del Vero e del Buono, per quanto disorientati dalla confusione dei linguaggi, dal delirio del consumo, che reifica le coscienze e ci allontana dalla nostra più autentica ed intima vocazione spirituale (Tu, Voce dell’Invisibile e del Silenzio / puoi dare il «la» a quel coro e al mio «a solo» / un tuo sussurro qui sarà fragore: / coprirà l’inutile frastuono che / più ci allontana da tutti i paradisi). Sulla stessa lunghezza d’onda – e con non minore intensità – Anna Maria Bracale «canta» la morte dell’equipaggio del sottomarino russo, inabissatosi nelle gelide acque del mare di Barents, in L’affondamento del Kursk. Nel doloroso "poema del mare", la tendenza alla lirica soggettiva della Bracale si "oggettivizza", fino a pervenire a forme di lirica corale, con andamento dialogico mutuato dalla tragedia greca. In questa tragedia dei nostri tempi, la iùbris della quale l’uomo moderno si è macchiato è stata, forse, la folle presunzione di poter dominare gli elementi o controllare gli eventi. Così l’amaro destino di un’ ananche inflessibile va a colpire tanti involontari «Ulisse» (costretti ad essere eroi) puniti con la solitudine e la morte (solitari viandanti / nelle gelate viscere del mare / soffrono la pena orribile / di una solitudine abissale / in quell’angusto scafo / che, non guscio di conchiglia, / più della stessa acqua li imprigiona). Nel tono solenne dei settenari e degli endecasillabi, riscopriamo il dantesco "infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso". Ma a questa chiusura corrisponde specularmene l’apertura di nuovi confini (Il sipario calato sugli abissi / si apre alla platea del cosmo), ai quali gli uomini si affacceranno in mutate forme: Varcata la soglia di altra vita / o di un sogno più grande / o sponda dello stesso fiume / emergiamo, forme prive di forma / non diversi dalla stessa spuma / o da forza dell’acqua… Così l’uomo «s’inciela», «si espande», «si accosta all’Idea» e può esclamare "SEI IN ME / SEI ME / SEI", riconoscendo la propria parte divina, individuando una piena identità tra il sé e l’Idea, comprendendo che il Divino è una spirituale, ma non per questo meno «concreta», Realtà. Come nella tragedia antica, la catarsi coincide con un processo di «purificazione», con l’acquisizione di una superiore certezza, con la consapevolezza che oltre "questa" vita è lecito attendersene un’altra, che si colloca in una dimensione di pura spiritualità. E anche noi – come lo spettatore dell’anfiteatro greco – torneremo a casa migliori, una volta scoperta la difficile strada dell’elevazione. Certamente un pregio fondamentale del poemetto sta nell’aver colto la contemporaneità, facendone occasione di canto, ma riuscendo anche a storicizzarla e insieme a volgerla verso percorsi poetici, che la sublimano, rendendola universale e atemporale. Ma non va sottovalutato anche il messaggio di forte umanità che pervade la poesia della Bracale e che ritorna costantemente nella sua produzione. La sua sensibilità di donna e di intellettuale la fa infatti sentire intensamente coinvolta in ogni vicenda dolorosa che tocchi non solo l’uomo, ma tutto il creato. Penso alla splendida "Per la morte di una stella" (da "La città delle comete") ove la fine dell’astro la scopre più triste e più sola: Solo il poeta, unico erede / degli antichi astronomi di corte / ne conta una in meno / e si duole e si sente più solo. Ma la composizione in cui le caratteristiche del lirismo e della modernità si fondono in modo spiazzante e in misura imprevedibile è il poemetto Arcipelago.www. In questo scritto s’invera la poetica che Anna Maria espone, con assoluta chiarezza, in "Poetare" (ancora da "La città delle comete"). Ella parla, infatti, non solo dell’operosità del poeta, dell’autogratificazione che proviene dalla scrittura, del "sudore" del labor limae, ma dichiara esplicitamente di ostinarsi a scrivere contromano e controvento, / …/ e badando a prendere distanze / da quanto già fu scritto / e ancora più detto / un poco fabbro e un po’ demiurgo… In tutta franchezza, non so a chi mai potesse venire in mente la sfida di svolgere un argomento così moderno e complicato: ovvero tentare poeticamente un tema come quello internettiano (del quale – in altre forme – fin troppo si discute, ma non certo in chiave di "lirica su musica"). È una prova dell’ardimento e dell’originalità della scrittrice, che molto ha rischiato e che si mostra capace di sgomitolare percorsi poetici partendo da argomenti di stringente attualità. Ed è interessante non solo il componimento in sé, ma anche la "filosofia" che lo sorregge e le idee che consentono al comune lettore e al critico di tentare interpretazioni, avanzare ipotesi di lettura, cercare motivazioni, porre e porsi interrogativi. Fin dal titolo, già il termine "arcipelago" suggerisce la decisa intenzione dell’Autrice di spingersi verso l’avventura, senza però rinunciare ai propri punti certi d’approdo, volendo forse alludere al timore di smarrirsi, al bisogno di tentare il "nuovo" senza denegare il proprio percorso di formazione. Non a caso, la metafora della navigazione sta anche nel timone che costituisce il "logo" di Netscape Navigator, uno dei più diffusi browser, o "sfogliatori" di pagine ipertestuali. Ma l’analogo concetto di viaggio e di avventura sta nel browser (commercialmente vincente) della Microsoft, che si chiama Internet Explorer, ovvero Esploratore. Insomma, la Bracale vuol forse dirci che il viaggio, l’esplorazione, l’avventura, hanno valore in sé e che possono servirci a conoscere meglio il mondo interiore, non meno che la realtà sensibile. La metafora della "rete" è a sua volta affascinante e si colloca su un versante polisemico: potrebbe infatti alludere alla realtà che, come una gabbia, ci tiene prigionieri, impedendoci di elevarci per scoprire orizzonti più vasti, ma potrebbe anche accennare al tentativo di evadere dalle maglie della costrizione, al desiderio di sbrogliarci dalla tela di ragno che ci avviluppa. Ma la "rete" di comunicazione ha anche tanti "nodi", ovvero punti di scambio e di contatto e – come la poesia – è capace di "spedirci" verso realtà inimmaginabili e misteriose, con tanti link che "clicchiamo" per caso e che ci collegano a punti imprevedibili e stimolanti, come le sinapsi cerebrali in perenne attività. È lo stesso concetto di ipertesto – che sta alla base della logica esistenziale di Internet – a suggerirci l’opportunità di una "navigazione" non sequenziale, ovvero non strutturata e predeterminata. Come dire che gli eventi della vita, così come le esperienze, le acquisizioni, le vittorie e le sconfitte, sono figli del Caso, anche se tutto questo ci spaventa e preferiamo appoggiarci al rassicurante concetto dell’homo faber. Insomma: la struttura non sequenziale è sinonimo di libertà o tale a noi appare, in quanto ci muoviamo in un Universo che ci sembra libero poiché non ne conosciamo la forma, la struttura e i confini, tutti elementi perfettamente chiari a chi ha programmato il complesso delle pagine. E se fosse una metafora del concetto di "libertà condizionata" ad opera di un Demiurgo che ben sa i limiti e i percorsi? Se il nostro "libero arbitrio" trovasse paletti impalpabili ma certi? E poi: questa virtualità di Internet è una "fuga dalla realtà" o non piuttosto una full immersion in essa? E, infine, la multimedialità, l’associazione di elementi visivi, sonori, grafici, testuali, non è perfettamente coerente col taglio interdisciplinare dei poemetti della Bracale? Ritengo proprio di sì. Certo è che il Web, come la Poesia, conosce differenti e innumerevoli percorsi, come ci mostra lo scritto in questione, che riesce a trattare il tecnologico senza farsene "contaminare". La complessità delle "rotte" internettiane è in realtà, come la poesia, costituita da unità semplici: gli elementi più complessi si valgono dei semplicissimi componenti del codice binario o esadecimale, come la poesia più alta si vale delle unità fonematiche minime. La tecnologia, i chip, i linguaggi di programmazione in cui sono "scritti" gli applicativi e codificati i files di lavoro, costituiscono quello che la fonologia, il lessico, la grammatica e la sintassi sono per un testo letterario. Insomma: ho proprio l’impressione che il Web e i suoi percorsi siano, per l’Autrice, una metafora – ardita ma trasparente – della Poesia. Tutto ciò premesso, l’esegesi dello scritto "scivola" senza possibilità d’equivoco. Nel Prologo si dice che la multimedialità è magica e affascinante (L’io non vide mai / un luogo così bello / dove facile diventa / qualsiasi invenzione), al punto che l’utente perde i normali referenti della logica fino a non sapere più se è nato veramente / se morire è rinascere / se vivere è sogno. Più oltre, il Net viene definito come ansia di comunicazione, strumento di ricerca e d’interlocuzione, con la precisazione (ironica o convinta?) che Nel Web ciascuno è timoniere del suo viaggio. Incontrarsi è come formare un’orchestra di strumenti umani, con la capacità di perdersi e trovarsi (lost and found), di associarsi o di dissociarsi, in una fluidità magmatica inarrestabile e affascinante, magica e misteriosa. In Rete tutto sarà sinergizzato e ripartito (non a caso si cita l’URL di San Francisco, che, come tutti gli "indirizzi", è utile a distribuire uniformemente le risorse), al fine di giungere ad una reale condivisione (di cultura, di conoscenze, di sentire). Nella rete è possibile ricevere la mail di un’amica in vacanza, che ci descrive la bellezza del paesaggio, come è facile "incontrare le persone" per la prima volta. Il Mouse e la tastiera sono i tecnologici strumenti di un moderno tam-tam. In chiusura la poetessa cita due versi di Papa Wojtyla: Le azioni umane hanno rive spaziose / non puoi costringerle a lungo dentro un alveo ristretto; poi, nel finale, la prima e la seconda voce esclamano: Uomo, gioisci delle tue possibilità di andare oltre: / il tuo mito è immortale, ove c’è tutta l’ammirazione per il progresso, inteso anche come esaltazione dell’umana intelligenza, della divina fiaccola che ci anima, di quell’IO che è compreso nella parola DIO. Poesia di fede? Poesia, certamente, di affidamento, di formidabile fiducia nelle umane potenzialità. Anna Maria Bracale – poetessa di stile sapiente e di profondo sentire – è consapevole del fatto che non si può più scrivere chiudendosi rigidamente nelle forme convenzionali, codificate (ma anche usurate) dalla tradizione. Ella sa, inoltre, che è possibile "fare" e "trovare" poesia in ogni cosa, pure nei percorsi labirintici, deliranti e imprevedibili del Web, anch’esso opera dell’ingegno, della sensibilità, della creatività dell’uomo. Esattamente come la Poesia. (Sandro Allegrini, 10 febbraio 2004)

    Sandro Allegrini ha pubblicato numerosi contributi di tipo storico e filologico che abbracciano il periodo classico e quello della tarda grecità, con marcate competenze nel campo della paleografia e della tradizione manoscritta. Ha partecipato alla ricerca del C.N.R. "Didattica del latino". Si occupa di dialettologia, pedagogia, letteratura, collaborando al periodico "Il ponte" sul quale è presente con oltre centocinquanta pubblicazioni. Collabora a TFR, Rivista di Umorismo, Satira ed altro, Perugina, Effe Editore. Coltiva particolari interessi nel campo della poesia. Ha pubblicato decine di saggi e studi su scrittori italiani e stranieri.

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